SESTA OPERA

Soli in un Universo che trasforma le sue stesse ombre

Quest’opera raffigura una figura umana identificabile come un “insieme” uomo-donna, da intendersi come unica entità, appoggiata a un piano verticale scuro, le cui sfumature vanno da un grigio chiaro a un nero intenso.

Man mano che ci allontaniamo dal “nostro” mondo, il buio “stringe” sempre più la sua morsa intorno a noi.

La figura è collegata alla tela per mezzo di cordoni ombelicali che ci ricordano l’appartenenza.

Di fatto, l’appartenenza a un Creato in continua evoluzione non ci consente appigli certi.

Per concretare questo pensiero, ho intenzionalmente proiettato “l’ombra umana” sul piano non scura, come dovrebbe essere, ma bianca e con una proiezione opposta specularmente a quella più ovvia identificabile nel nostro mondo.

Nulla di strano in questo caso, poiché siamo protesi oltre il limite di una cortina interfacciata con un mondo in grado di cambiare le regole del nostro gioco.

Non possiamo proiettarci in un’altra dimensione senza cambiare noi stessi.

Rispettiamo, dunque, la nostra casa chiamata terra perché, superati i suoi “confini”, le distanze siderali che potrebbero separarci da altri esseri viventi sono tali da renderci soli nell’Universo o, comunque, non in grado di appartenere a mondi differenti dal nostro.

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